“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Cita così l’articolo 32 della Costituzione Italia. Un diritto, quello della salute, non sempre tutelato. L’evento pandemico e la conseguente emergenza sanitaria ha solo scoperto il vaso di Pandora della sanità pubblica e ha evidenziato, ancor di più nel Mezzogiorno, le criticità delle aziende sanitarie provinciali sempre più in affanno e alle prese con conti che spesso non tornano e, ahinoi, mancanza di servizi per gli utenti. In Calabria la situazione è una matassa difficile da sbrogliare.
Troppi nodi che hanno di fatto bloccato il sistema. La sanità regionale è infatti commissariata dal 2010. Da allora, in undici anni, nulla è cambiato. Anzi, sì. Sono stati chiusi ospedali, reparti, mancano le risorse umane per poter garantire in ogni provincia i servizi, anche quelli essenziali. Si viaggia insomma, sul filo del rasoio nella bella Calabria, qui, dove gli studi sui numeri dei casi di cancro continuano. Qui, dove si attendono mesi, forse anche anni, per poter effettuare un esame diagnostico. Qui dove reparti d’eccellenza rischiano ciclicamente la chiusura. Qui dove, nonostante tutto, sono tante le eccellenze che per fortuna raccontano anche storie di professionalità e competenza.
Ma troppi crotonesi sono costretti a fare le valigie e intraprendere gli ormai tristemente noti “viaggi della speranza”. Secondo i dati di Demoskopica sulla povertà sanitaria in Italia, pubblicati a gennaio di questo anno, la Calabria è tra le nove regioni “malate”. «I meridionali – riporta l’indagine – confermano la loro diffidenza a curarsi nelle loro realtà regionali. In particolare, con un indice medio di “fuga”, pari al 10,9%, lievemente in aumento rispetto all’anno precedente, che misura, in una determinata regione, la percentuale dei residenti ricoverati presso strutture sanitarie di altre regioni sul totale dei ricoveri sia intra che extra regionali, il Sud si colloca in fondo per attrattività sanitaria dopo le realtà regionali del Centro con un indice di fuga pari all’8,8% e del Nord (6,9%). Ciò significa che, nei 12 mesi del 2018, la migrazione sanitaria dalle realtà regionali del meridione può essere quantificabile in ben 314 mila ricoveri». Una fuga che spesso è dettata dall’impossibilità di potersi curare, o anche solo partorire, nell’ospedale più vicino alla propria casa.
Questo crea disagi, anche economici, alle famiglie già provate dalle difficoltà legate alle malattie. Dalla chiusura del Reparto Neonatologia di Crotone, insieme a quello della Medicina Nucleare, il reparto di Emodinamica, e della preannunciata soppressione delle unità di Ortopedia, Medicina, Ostetrica e Pediatria, il consiglio comunale ha approvato un documento, in cui ha chiesto all’unanimità (tranne un voto di un consigliere di maggioranza), la riapertura della Terapia Intensiva Ospedaliera, la dotazione del territorio di una Pet che risponda alle esigenze della popolazione. E’ stato chiesto inoltre, nel documento, il potenziamento del reparto di diabetologia, l’unità di diabetologia pediatrica, così come il potenziamento di altre unità affinchè l’ospedale “non sia un poliambulatorio” ma ridiventi un Hub. Inoltre manca una farmacia ospedaliera comunale. E proprio sulla PET sembrano esserci novità positive. Nei giorni scorsi, durante un incontro con la consigliera regionale Flora Sculco, il commissario Longo ha rassciurato sull’ok per l’attivazione della PET presso il Marrelli. La Sculco ha richiesto anche una PET pubblica nell’ospedale di Crotone. «Nei prossimi giorni – si legge in una nota – ci rivolgeremo direttamente al ministero della Salute per ottenere lo sblocco degli acquisti delle grandi attrezzature diagnostiche previste, per l’ASP di Crotone, dal DCA n. 141/2020 (si tratta nello specifico di una PET, una risonanza magnetica, 3 TAC per il territorio, più nuovi angiografi e mammografi)».

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