Covid e immunità innata, uno studio per capire chi non si infetterà mai

Dal primo aprile inizierà la road map stabilita dal Governo per l’allentamento graduale delle restrizioni. Una data che coincide con una nuova ondata. I contagi aumentano e sfiorano nuovamente i 90 mila al giorno. Tante le reinfezioni anche se la pressione sugli ospedali – il dato che più interessa – è ancora sotto controllo.

Tutta l’Italia si tinge di rosso scuro ad eccezione della Valle d’Aosta. Lo evidenzia la nuova mappa a colori del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che aggiorna le fasce di rischio Covid in Europa. La fondazione Gimbe registra l’incremento rilevante rispetto alla settimana precedente nelle Regioni del Sud. Salgono da 17 a 38 le Province con incidenza superiore a 1.000 casi per 100.000 abitanti, tra queste anche Crotone (1.395).

E mentre si cerca di convivere col virus, continuano gli studi. L’agenzia Dire riporta il resoconto di uno studio interessante sull’immunità naturale al Covid-19. «Come per tutte le malattie infettive, anche per il Covid-19 la predisposizione a contrarre l’infezione in forma più o meno grave è determinata da un insieme di fattori che sono in parte di natura genetica ed in parte di natura ambientale», lo spiega Giuseppe Novelli, responsabile della Genetica medica al Policlinico Tor Vergata di Roma.

Esiste poi una sorta di trincea naturale: «La difesa immunitaria, semplificando, è composta principalmente da tre ordini di difesa: una barriera fisica, una difesa chimica, ed una risposta biologica. L’immunità innata- ha sottolineato Novelli- rappresenta la prima linea di difesa messa in atto dal nostro corpo nei confronti di un agente esterno.

È definita innata perché aspecifica, uguale per tutti gli agenti patogeni e soprattutto non selettiva. Ovviamente, deficit a carico del sistema immunitario innato comportano una condizione che facilita enormemente l’ingresso del patogeno all’interno dell’organismo, ma non sempre un’aumentata risposta comporta un sistema difensivo maggiore. Sappiamo ormai tutti che esistono le cosiddette patologie autoimmuni. Anche nel Covid-19, in molti pazienti, soprattutto i più giovani, gli esiti della malattia sono causati da un’eccessiva attivazione del sistema immunitario.

Una sorta di iperinfiammazione. Diversa, invece, è l’immunità adattativa o specifica. In questo caso, l’organismo ha avuto modo di ‘conoscere’ il patogeno, di studiarlo. Ciò permette alle nostre cellule di rispondere in maniera efficace e specifica, attraverso la produzione sia di anticorpi, e da qui anche l’importanza della terapia con gli anticorpi monoclonali, sia di cellule di memoria. Anche in questo caso, una maggiore risposta non è sinonimo di una maggiore immunità. L’immunità innata e quella specifica non devono essere considerati due step consecutivi, ma agiscono sinergicamente- ha sottolineato- e sono in equilibrio dinamico fra di loro».




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