Crotone, il Diadema di Hera Lacinia: pezzo unico al mondo

Crotone, il Diadema di Hera Lacinia: pezzo unico al mondo

Uno scrigno che racchiude e conserva uno dei patrimoni storici e artistici più interessanti della Calabria. Il Museo Archeologico Nazionale è situato, dal 1969, a Crotone in via Risorgimento, nel cuore del centro storico del capoluogo, a due passi dal Castello di Carlo V. Al suo interno, al primo piano, custodisce il Diadema di Hera Lacinia, pezzo unico al mondo che brilla nel suo splendore.

La lamina, complessivamente, ha una lunghezza di cm 37 ed è alta cm 5. Il peso del gioiello è di gr 122,5.  

La corona è costituita da una fascia in lamina d’oro, dove si sviluppa una decorazione a treccia, ottenuta a metallo battuto e definita a cesello. La treccia è definita da una grossa linea a rilievo, contornata, da una parte e dall’altra, da due linee più sottili, anch’esse a rilievo. Gli spazi centrali sono riempiti da grossi punti circolari, rilevati. Nella parte interna la lamina della corona è ripiegata a formare quasi un leggero bordino, ma questo particolare è da attribuire ad una rilavorazione del gioiello. In tal senso infatti si può interpretare l’intervento con il quale sono stati applicati all’esterno due serti vegetali, che hanno quasi nascosto la treccia.

Scendendo nei dettagli occorrerà osservare le evidenti irregolarità nella realizzazione dei fori che contribuiscono a confermare questa seconda fase. I fori, infatti, per quanto siano in posizione omogenea, non sembrano coerenti con il progetto originario della fascia, né sono in sintonia con la geometrica eleganza e con l’equilibrata lavorazione del diadema. La fascia rettangolare, con l’inserzione nella parte mediana del motivo a treccia, è infatti un complesso armonico di linee, che, proprio nella semplicità del
motivo, ha in sè la chiave del suo equilibrio.

Le linee dei fori (complessivamente 12 fori nella prima linea e 24 fori nella seconda linea) sono state ricavate in alto ed in basso, ai margini della fascia, in modo da consentire, senza sovrapposizioni, l’applicazione dei due serti. Mentre è difficile percepire con chiarezza la treccia sulla fronte esterna, la stessa è visibile, seppure ‘ “al negativo”, dalla parte interna.

Fili aurei sostengono le foglie (il nastrino del fogliame inferiore è bipartito). Questi, attraversato il foro, sono stati ripiegati all’interno per assicurare una migliore aderenza. A tal fine piccole rondelle di argento collaborano a fissare l’inserimento delle foglie sulla lamina.

Scendendo nei dettagli si osserverà in alto una linea di ramoscelli interpretabili come mirto, contraddistinto dalle tipiche foglie lanceolate e dalle bacche, ottenute con capsule in lamina d’oro, coperte da una coroncina a quattro petali, segnati da linee incise. Un doppio filo d’oro si collega alla coroncina, dopo avere attraversato internamente le bacche, alla base delle quali è un piccolo disco in lamina aurea.

Di difficile interpretazione, viceversa, sono le foglie del serto più basso, collegate alla lamina principale tramite un nastrino anch’esso d’oro. Queste sono di tipo palmato e denticolato, solcate da venature ben incise.

Esse potrebbero essere foglie di acero, pianta attentamente descritta da Teofrasto (3,11, 1-2) potrebbe trattarsi, tuttavia, anche di foglie di vite, visto che ad Hera si dedica anche il vino. Al momento, tuttavia, l’identificazione di questo serto resta problematica. È certo, comunque, che, come per il serto di mirto, anche per questo tipo di foglia l’orafo aveva dinanzi un preciso riferimento in natura, tant’è che la lavorazione attesta una meticolosa attenzione, oltre che alle nervature, anche al particolare ritaglio delle foglie appuntite. L’opera, comunque, nella sua complessità e raffinatezza, è da considerarsi un unicum databile nelle due fasi di lavorazione dalla seconda metà del VI secolo a.C. al V secolo a.C.

Con più di una probabilità la corona incoronava un simulacro di Hera. Stephanos, scettro e phiale sacri ad Hera sono attestati da Pausania (II,17,4) per la dea di Argo ed ancora coronata da uno stephanos ricco di ornamenti vegetali era la statua di culto di Hera ad Olympia, che così viene raffigurata in monete dell’Elide. Ancora teste diademate di Hera sono tipiche dell’iconografia della dea e reperibili come si riscontra in varie produzioni. Di estrema importanza è il fatto che in alcune serie monetali di Crotone dell’inizio del IV secolo a.C. è effigiata proprio la testa coronata di Hera Lacinia.