Crotone - Piscina chiusa, la lettera di una mamma: «Per i miei figli autistici non è solo sport»
L'appello alle istituzioni locali e nazionali: «Per noi non è un passatempo, ma una terapia motoria, emotiva e comportamentale»
Crotone - Mentre continua la bagarre anche a colpi di comunicati tra le associazioni sportive sulla piscina olimpionica, con il Comune di Crotone che prende posizioni nette, c'è chi ha deciso di mettere nero su bianco non polemiche ma difficoltà serie, disagi reali. La mamma di due bambini con autismo di 9 e 10 anni, in una lettera aperta indirizzata alle istituzioni locali e nazionali ha espresso tutta la sua indignazione e preoccupazione per una decisione che definisce “irresponsabile e disumana”. La notizia del recesso dalla concessione dell’impianto natatorio “Piscina Comunale di Crotone” da parte della A.S.D. Rari Nantes L. Auditore, comunicata lo scorso 4 novembre (LEGGI QUI), ha segnato la sospensione di ogni attività. Per molti cittadini si tratta di un disagio, ma per le famiglie con figli con disabilità la chiusura rappresenta molto di più: la perdita di un punto di riferimento vitale. “La piscina - scrive - era diventata un punto di equilibrio, un luogo di benessere e di stabilità. Non era solo un’attività sportiva, ma un momento di vita, di salute e di integrazione”. Racconta come, dopo anni di tentativi falliti per far praticare sport ai suoi figli, la piscina fosse diventata un’oasi di normalità. “Per noi non era un passatempo, ma una terapia motoria, emotiva e comportamentale”, aggiunge. La sospensione improvvisa delle attività rischia ora di vanificare progressi costruiti con anni di impegno e sacrifici. Silvia però va anche oltre ed evidenzia anche la mancanza di personale formato per accogliere bambini con disabilità e l’assenza di spazi realmente inclusivi: “Nel 2025 è inconcepibile che le società sportive non abbiano personale preparato e che le istituzioni non garantiscano luoghi accessibili a tutti. È più facile rifiutare o escludere, piuttosto che mettersi in gioco”. Il suo appello è rivolto non solo al Comune di Crotone e alla Regione Calabria, ma anche al Ministero dello Sport, al Prefetto e al Garante per i diritti delle persone con disabilità. Chiede che venga garantita continuità immediata delle attività per i bambini e ragazzi con disabilità, senza ulteriori interruzioni. “Sospendere tutto improvvisamente, senza una soluzione alternativa, mostra quanto poco si conosca la realtà quotidiana delle famiglie con disabilità”, scrive ancora. “Chiedo rispetto, giustizia e dignità: non privilegi”. Dietro il tono fermo e appassionato di questa madre c’è la voce di tante famiglie che, ogni giorno, si trovano a colmare con risorse proprie le mancanze di un sistema che dovrebbe invece sostenerle. La chiusura della piscina di Crotone non è solo una questione amministrativa è il simbolo di una disattenzione cronica verso l’inclusione, verso il diritto allo sport come strumento di salute, crescita e socialità per tutti. La speranza di Silvia — e di chi come lei si batte per i diritti dei figli — è che questa lettera non resti inascoltata. Che diventi, piuttosto, un punto di partenza per una riflessione collettiva e per azioni concrete. “Non chiediamo compassione — conclude — ma la possibilità di vivere con dignità in una città che non ci lasci indietro.”
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