Crotone – Il ricordo delle case sommerse dall’acqua, degli oggetti custoditi negli scantinati e che sono stati buttati. Sei vite che non ci sono più, ed oggi rimane il ricordo di quelle persone vittime della pioggia incessante del 14 ottobre 1996. Così come in quei giorni, per recuperare il salvabile, molti crotonesi hanno offerto la propria vita per mettere in salvo le persone, per spalare il fango dalle abitazioni, donare pasti caldi e coperte a chi ne ha avuto bisogno.
Come ogni anno viene celebrata una santa messa presso la parrocchia della Madonna del Carmine, con le intenzioni per Paolo Pupa, voluta dal gemello Pietro, insieme alle altre cinque vittime dello straripamento del Fiume Esaro.
«Siamo chiamati non soltanto a fare memoria ma a rispolverare il senso civico – ha detto questa sera Don Stefano Cava, parroco della Madonna del Carmine – Monsignor Agostino diceva che la città è di tutti, e noi siamo chiamati come protagonisti per costruire la civiltà dell’amore, affinchè la convivenza possa essere coltivata». L’invito del parroco, durante la messa da lui celebrata, è di fermarci un momento, per chiederci chi siamo realmente: «Forse abbiamo i punti di riferimento».
L’alluvione causò anche danni ingenti all’area industriale della nostra città. Poi, sulla tragedia che ha distrutto un intero quartiere, ha continuato: «Forse ci è sfuggito l’uomo sociale, e i problemi in città sono tantissimi, ma manca lo stare insieme e costruire questa civiltà. L’alluvione ha portato un dramma nelle famiglie di coloro che hanno perso i loro cari, e anche coloro che hanno perso le loro abitazioni». Il parroco ha ricordato la responsabilità per consegnare alle prossime generazioni una città e un mondo diverso, così come il quartiere e la stessa Crotone necessitano di diversi interventi: «C’è bisogno di questa consapevolezza di dirsi che siamo cittadini del mondo. Abbiamo una grande responsabilità, costruire ai ragazzi un futuro, un’eredità».
Danilo Ruberto