I simboli della luce di cui è intessuta la Veglia esprime il senso della risurrezione di Cristo che, dissipate le tenebre, mostra il volto nuovo dell’uomo con il suo sacrificio. Questa è la madre di tutte le notti, dove presso Piazza Duomo il braciere acceso ha illuminato il centro storico, accedendo così il cero pasquale e le candele dei fedeli accorsi in Cattedrale per la Cerimonia concelebrata dall’Arcivescovo di Crotone-Santa Severina Angelo Panzetta e Monsignor Luigi Cantafora, per tutti don Gino, Vescovo emerito di Lamezia Terme.
Si sono spente le luci della chiesa. Il presule ha inciso una croce sul cero pasquale per configurarlo a Gesù Cristo; poi incide l’alfa e l’omega, prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, per indicare che Cristo è il principio e la fine di tutte le cose; infine incide le cifre dell’anno per significare che Gesù – Signore del tempo e della storia – vive oggi per noi.
Poi il Canto del Preconio Pasquale, in cui si annuncia la Resurrezione del Cristo con le Luci che si accendono e le campane che suonano a festa. «Vivete la Pasqua come un momento di speranza – ci aveva detto ieri l’Arcivescovo – perché siamo in un momento delicato. Soprattutto a motivo dello stemperarsi, speriamo, dell’azione del virus, avremo la possibilità di ritornare, pian piano, alla normalità. Quindi dovremo guardare, forse in faccia e pienamente, le macerie che la pandemia ha prodotto, i guasti in un territorio già fragile. Si potrebbe perdere la fiducia, potremmo “lasciarci cadere le braccia”, ma è un lusso che non possiamo permetterci perché come credenti siamo animati dalla fede, dalla speranza e dall’amore».
