Abramo CC - Una dipendente: "Che fine hanno fatto i sacrifici di noi piccoli membri di un grande progetto?

Domani si celebra la Giornata internazionale dei diritti delle donne. A Crotone in questi giorni sono molte le lavoratrici che rischiano, così come i colleghi, il posto di lavoro.Tra di loro una giova...

A cura di Redazione
07 marzo 2024 18:13
Abramo CC - Una dipendente: "Che fine hanno fatto i sacrifici di noi piccoli membri di un grande progetto? -
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Domani si celebra la Giornata internazionale dei diritti delle donne. A Crotone in questi giorni sono molte le lavoratrici che rischiano, così come i colleghi, il posto di lavoro.

Tra di loro una giovane operatrice dell’Abramo Cc che ha deciso di esprimere il proprio rammarico per quello che sta accadendo raccontando quello che l’azienda ha rappresentato e rappresenta per lei.


Così scrive una dipendente, la quale ci ha appena inviato questa lettera:

Era il 1998, quando i primi gruppi di operatori si apprestavano a varcare, per la prima volta, la soglia della Datel per la presentazione dei documenti e da lì a qualche giorno effettuare la loro prima timbratura di cartellino.
Il gruppi, furono incontrati nei locali della allora Datel, ad un secondo piano ancora semi spoglio. Tra facce sorridenti, ansie, curiosità…il viaggio ebbe inizio. Un viaggio che per molti dura da 26 anni. Un viaggio che forse sta arrivando alla sua ultima tappa.

La Storia della Datel prima, ora ABRAMO CC, la conosciamo tutti. Tra quelle mura, tra quelle postazioni sono passate tantissime persone, ognuno con il suo vissuto ed ognuno con la sua storia aziendale da raccontare.

Saltando tutti i preamboli ed i convenevoli, sappiamo tutti, come l’azienda ebbe inizio e di quanta fiducia è stata riposta nella figura del “nostro” presidente.

Ricordo perfettamente come io e molti altri colleghi aspettavamo il discorso di Natale da parte del Presidente per avere quella carica che solo lui sapeva darci e che ci avrebbe fatto andare avanti, tra “battaglie” e vita vissuta, per l’anno a venire.

Ricordo perfettamente un discorso di Natale di diversi anni fa. Venivamo rassicurati, ci disse che stava creando un fondo risparmio per garantire gli stipendi alle famiglie, a quelle che Lei ha sempre definito le sue famiglie, qualora l’azienda si fosse trovata a navigare in brutte acque, diceva con orgoglio che mai sarebbero dovuti saltare gli stipendi ai suoi dipendenti. Ebbene, gli stipendi sono saltati, e forse ne salteranno ancora, molti di noi non sono riusciti ancora a “riprendersi” economicamente.

Ci rassicurava ripeto, anzi ci incitava a fare figli, perché quelli dovevano essere i suoi nipoti, perché noi eravamo la sua famiglia. Infatti nel pieno della parola di “famiglia”, nel corso degli anni ci furono Family Day, convention, eventi del gruppo ABRAMO, eventi per i 20 anni della Datel e per il centenario del gruppo ABRAMO; tutto questo per farci conoscere, per fare famiglia, per farci sentire parte importante di un gruppo, di un progetto.

Eravamo lì ad ascoltarlo quando, sempre durante un discorso di Natale, ci chiedeva scusa per le ansie che stava facendo vivere, poiché a seguito di alcuni investimenti poco proficui (lui stesso definì investimenti come il passo più lungo della gamba) la stabilità aziendale era stata messa a dura prova. Ma anche in quel caso ci tranquillizzava, dicendo che comunque ci sarebbe stato sempre lui dalla nostra parte, per aiutarci e sostenerci.

Ma adesso che fine ha fatto tutto questo? Che fine ha fatto quella che abbiamo sempre chiamato la NOSTRA azienda? Che fine hanno fatto i sacrifici fatti da noi piccoli membri di questo grande progetto?

Se guardo agli ultimi anni non riconosco più quella che abbiamo tutti sempre definito “la mia azienda”, è cambiata, ha cambiato carattere, forse per stanchezza non so. Momenti difficili nel corso dei questi 26 anni ce ne stati, commesse chiuse all’improvviso, tagli di volumi inaspettati, ma tutti superati a testa alta, grazie all’impegno di tutti, alla coesione, alla voglia di lavorare. Questa volta sembra che “la mia azienda” non abbia più le forze per rialzarsi e per riprendere il suo glorioso cammino. Per far sentire al sicuro tutte le famiglie che in lei hanno sempre creduto e che hanno dedicato a lei anche i giorni di Natale, di Capodanno…trascurando i propri affetti, ma tutto per il “bene dell’azienda”.

Forse come tutte le cose belle, anche la “nostra azienda” ha fatto il suo ciclo di vita, è nata, è cresciuta, ma adesso? Si sta avviando definitivamente alla fine? Non si sa, non si capisce. O meglio purtroppo nulla lascia ben sperare.

Sembra passata un’eternità da quei momenti di sicurezza; adesso le giornate sono caratterizzate dall’ansia; in primis ansia di non sapere cosa sta succedendo, le notizie le apprendiamo dai giornale o dal “sentito dire”; ansia del “questo mese mi pagheranno? Ci saranno giornate di cassa integrazione? E quante? Domani potrò lavorare? L’azienda è stata acquistata? Ci sarà continuità?”
Ecco, il riassunto è questo, purtroppo abbiamo perso la tranquillità che abbiamo sempre avuto nel corso del ventennio precedente.

Ma nonostante ciò continuiamo a lavorare, a credere, a sperare.
L’aspetto che rende tutto ancora più amaro è il senso dell’abbandono. Abbandonati al nostro destino proprio da chi ci raccontava di riuscire a trovare tutte le mattine la carica nel ricordo di suo padre, nelle sue lettere, negli insegnamenti che gli ha lasciato
Mi permetto di chiudere questa piccola parte di miei pensieri così come spesso venivano conclusi i discorsi motivazionali che ci venivano fatti: la vera forza non deriva dal vigore fisico ma da una volontà indomabile (cit.).

Volontà che evidentemente è venuta a mancare.

Una dipendente Abramo


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