83 reperti ritornati a Capo Colonna, tra cui tegole del tempio di Hera Lacinia

Crotone – Nella mattinata odierna, presso il Museo Archeologico Nazionale di Capo Colonna, il Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza ha consegnato al Soprintendente A...

A cura di Redazione
18 aprile 2024 15:45
83 reperti ritornati a Capo Colonna, tra cui  tegole del tempio di Hera Lacinia -
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Crotone – Nella mattinata odierna, presso il Museo Archeologico Nazionale di Capo Colonna, il Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza ha consegnato al Soprintendente A.B.A.P. per le province di Catanzaro e Crotone 83 beni culturali, recuperati nell’ambito di attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Crotone. L’evento si è svolto alla presenza del Prefetto Vicario di Crotone, del Procuratore Capo della Repubblica di Crotone, del Comandante della Legione Carabinieri Calabria, del Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Capo Colonna e delle Autorità civili, militari e religiose cittadine.

I beni culturali, consistenti in preziosi reperti archeologici, paleontologici e un antico cannone navale del XVII sec. d.C., sono stati recuperati nel corso di due distinte indagini, condotte dal Nucleo Carabinieri T.P.C. di Cosenza tra maggio 2017 e luglio 2018 e da dicembre 2021 ad agosto 2023.

“I carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio culturale oggi hanno restituito a noi crotonesi dei pezzi della nostra storia”. Così la soprintendente archeologica per le province di Crotone e Catanzaro, Stefania Argenti, ha definito la consegna al Museo di Capo Colonna dei reperti di Kroton. “Questi reperti andranno nei depositi museali di Crotone – sono le parole del Direttore dei Musei di Crotone Gregorio Aversail mio sogno è di esporli tutti, con una sala dedicata a tutti i sequestri, per trasmettere un messaggio chiave, perchè queste attività criminali deturpano il territorio”.

Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Crotone. “Oggi – ha detto il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia arricchiamo il museo di Capocolonna con reperti che qualcuno aveva rubato per arredare le proprie case. Per arrivare a questo risultato hanno fatto tutti il loro dovere. È un segnale che se si fa squadra, se si lavora con un obiettivo preciso i risultati arrivano“.

La prima attività d’indagine ha permesso di disarticolare un sodalizio criminale, operante su scala nazionale ed internazionale (con ramificazioni in Gran Bretagna, Francia, Germania e Serbia), dedito alla commissione dei reati di danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, ricettazione ed esportazione illecita e nella fase conclusiva sono stati eseguiti un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 23 persone e 80 decreti di perquisizione a carico di altrettanti soggetti indagati in stato di libertà.

La seconda, invece, originata da un controllo nelle aree immediatamente adiacenti al Parco archeologico di Capo Colonna, nel corso del quale è stata casualmente notata la presenza del cannone riutilizzato come ornamento all’interno della corte di un’abitazione privata, ha consentito il deferimento all’A.G. di una persona per il reato di ricettazione e il recupero di numerosi reperti archeologici e paleontologici, nonché dello stesso cannone, beni illecitamente sottratti nel corso degli anni al patrimonio nazionale.

Restituite anche tre monete: una imperiale romana, una d’argento di Turi, ed una moneta bizantina trovata nei pressi del santuario della Madonna di Capocolonna. Da studiare, per accertarne la provenienza, una affascinante testa di donna di fattura italica che probabilmente qualche trafficante aveva comprato altrove. Piccoli ma preziosi tasselli per completare il puzzle della nostra storia” ha detto Alfredo Ruga, funzionario della Soprintendenza che ha spiegato il valore dei reperti.

Entrambe le suddette attività investigative sono state svolte in stretta collaborazione con i funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per le province di Catanzaro e Crotone e i docenti del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria di Arcavacata di Rende (CS), grazie ai quali è stato possibile stabilire la natura e la provenienza di tutti i beni culturali recuperati.

I materiali sequestrati sono complessivamente databili tra l’età del ferro e l’età romana e trovano stretti confronti con quelli rinvenuti a Torre del Mordillo (Spezzano Albanese, CS), oggi conservati al Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, o presenti nell’area archeologica di Capo Colonna e nei fondali marini antistanti. Sono presenti oggetti metallici, strumenti per la tessitura (fuseruole e pesi da telaio), reperti vascolari (anfore, contenitori d’uso comune per cibi e bevande) ed elementi architettonici. Tra questi ultimi si segnalano per importanza alcuni frammenti di tegole in marmo greco paragonabili a quelle conservate nel Museo di Capo Colonna che dal V secolo a.C. coprivano il santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna, oggetto di spoliazione in età romana.

Databile al V secolo a.C. è anche un frammento di lastra di rivestimento in terracotta con decorazione a palmetta che trova un confronto diretto con quella superstite dell’Edificio B di Capo Colonna. Ancora all’area di Capo Colonna, e in particolare alla domus romana di I secolo a.C. è da attribuire una base in pietra.

Anche i beni fossili provengono da successioni sedimentarie mio-plioceniche della medesima area geografica di Capo Colonna, mentre il cannone era stato asportato proprio dai fondali marini antistanti detta località.

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