Da Santa Severina al Duomo di Crotone, la storia di fede e amore del Vescovo Serafino

Le campane nel Borgo di Santa Severina hanno suonato a festa lo scorso sabato per l’ordinazione episcopale di don Serafino Parisi che sabato prossimo, invece, sarà a lamezia per iniziare il suo Minist...

A cura di Redazione
06 luglio 2022 14:30
Da Santa Severina al Duomo di Crotone, la storia di fede e amore del Vescovo Serafino -
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Le campane nel Borgo di Santa Severina hanno suonato a festa lo scorso sabato per l’ordinazione episcopale di don Serafino Parisi che sabato prossimo, invece, sarà a lamezia per iniziare il suo Ministero come Vescovo della dicoesi.

Circondato dalla sua comunità che lo ha visto prima ragazzo, poi sacerdote, poi parroco e adesso Vescovo, il settimo della diocesi di Crotone-Santa Severina, frutto della semina di Mons. Giuseppe Agostino, il presule che ha guidato la chiesa crotonese subito dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II.

Il suo motto è “Per caritatem servite invicem” , tratto dalla lettera di San Paolo ai Galati. “Alla comunità di Santa Severina devo gratitudine – ci ha detto Monsignor Serafino Parisi – perché dal 2003 al 2016 sono stato parroco vivendo in quella parrocchia tante occasioni di crescita. Un’esperienza che ho vissuto con franchezza e impegno, con sincerità e serenità.

Di fatto, Santa Severina è il luogo dell’anima, è la culla della mia formazione umana, culturale e spirituale ed è anche il luogo della riflessione, delle relazioni e degli incontri internazionali. Non posso dimenticare che lì, dal 1999, da quando formammo la Laleo (verbo greco che significa “dialogare, conversare”), acronimo che scelsi per dire – nello spirito suggerito dalla semantica – Libera Accademia delle Lingue Europee ed Orientali, a Santa Severina cominciarono a venire diverse persone dalla Grecia, dalla Georgia, dal Libano, dall’Iran, dalla Bulgaria, dalla Moldavia, dalla Palestina, dalle Isole Faroer, dalla Patagonia, dalla Romania e anche dall’Ucraina.

Mi sia concesso di dire che, quando penso alla guerra, non riesco a non associare a Kiev, a Mariuopol, a Odessa, tanti volti di persone amiche perché i nomi di queste città per noi non sono punti ignoti di una cartina geografica, ma sono volti e storie tuttora cari a Santa Severina. Ospitavamo, infatti, questi studenti per insegnar loro la lingua italiana, ma questo può essere definito, a ben vedere, come il “pretesto” per diversi scambi culturali di grande interesse. Richiamo ciò per significare che S. Severina è stato un crogiuolo di formazione ad ampio raggio ed anche questo è un motivo di gratitudine“.

L’ultima esperienza da parroco, dunque, è San Dionigi, la Cattedrale di Crotone, dove lascia tanti ricordi e dove ha raccolto tanto: “La nostra vita è composta da diversi frammenti di un unico progetto. Ogni sosta ha un inizio e una fine: ogni tratto di strada può essere detto “Alpha e Omega”.

Il nostro “limitato e significativo” tempo però è dentro un progetto più grande che è quello dell’Alpha primordiale del progetto di Dio che va verso l’Omega del compimento di questo piano d’amore. Dentro questo grande abbraccio della storia della salvezza ci sono le nostre storie, le nostre vite, le nostre esperienze personali e comunitarie. L’Alpha e l’Omega dicono la parola di Dio che è per sempre: ogni compimento in realtà è sempre un nuovo inizio”.

Alla Diocesi di Lamezia dice: “Innanzitutto bisogna guardare alla Chiesa come popolo, come “comunità” dei fedeli, come una Chiesa aperta ed inclusiva ma che dall’interno sappia riflettere anche su se stessa.

Per tale motivo è necessario lavorare sui presbiteri e sul presbiterio, sulla forza vitale e attrattiva della fraternità sacerdotale, sull’amicizia leale e sull’interesse comune che è l’annuncio della Parola di Dio. In questo grande abbraccio che vuole riproporre lo sguardo coinvolgente del Padre, ci sono, evidentemente, anche le realtà religiose femminili, i fedeli laici e tutti gli uomini di buona volontà. Lo sguardo divino è inclusivo e stringe tutti in un unico abbraccio!”.

Don Serafino Parisi, don Fortunato Morrone, don Pino Caiazzo e don Antonio Staglianò hanno vissuto, fin da seminaristi, un pezzo di strada comune, poi sono stati uniti nel sacerdozio e oggi tutti quattro anche nell’episcopato: “Siamo stati molto uniti fin dai tempi della formazione e anche a Roma.

Poi siamo venuti a lavorare tutti e quattro in questa terra e per questa terra, perché quella formazione era già orientata al servizio”. Per mezzo dell’amore siate schiavi gli uni degli altri è il motto del presule: “La Chiesa del servizio è quella che chiama a farti servo degli altri per amore. Il servizio è l’interesse, appreso alla scuola del Vangelo, per l’umanità, per il presente e il futuro degli uomini. Questa passione va dal gesto della lavanda dei piedi alla cura delle ferite umane perché ogni persona possa vivere all’altezza della sua dignità e del progetto divino. L’uomo è fatto ad immagine di Dio, che è quella “forma” che ci è stata mostrata nel Figlio”.

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