Da Vicenza a Fondo Gesù il diacono Lorenzo Creazza ha annunciato il Vangelo del servizio

Crotone – All’epoca erano un’unica parrocchia: San Francesco da Paola, Sant’Antonio da Padova e Fondo Gesù. Tre quartieri operai, con un comune denominatore: la prima missione della Pia Società San Ga...

A cura di Redazione
23 marzo 2024 18:28
Da Vicenza a Fondo Gesù il diacono Lorenzo Creazza ha annunciato il Vangelo del servizio - A sinistra don Lorenzo Creazza
A sinistra don Lorenzo Creazza
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Crotone – All’epoca erano un’unica parrocchia: San Francesco da Paola, Sant’Antonio da Padova e Fondo Gesù. Tre quartieri operai, con un comune denominatore: la prima missione della Pia Società San Gaetano, di Vicenza. Fu un’intuizione del Vescovo dell’epoca, Monsignor Pietro Raimondi, chiamare don Ottorino Zanon per portare i suoi sacerdoti veneti nei tre quartieri crotonesi. 

Oggi, come avevamo già anticipato nei mesi scorsi, il campetto e anche la casa con le altre aree, sono state rase al suolo. Demolizione come prevista dal Contratto di quartiere sottoscritto nel 2005 e così come concordato con i parroci che si sono susseguiti nel tempo. Le ruspe hanno buttato giù la vecchia chiesa il vecchio oratorio. Rimangono per ora i vecchi cancelli e i muri esterni di recinzione, con l’incisione “Parrocchia Santissimo Salvatore Fondo Gesù“.

Questo è il ricordo del Gaetanino Don Lorenzo Creazza, diacono a Crotone presso la Chiesa del Santissimo Salvatore in Fondo Gesù.

Appena arrivato a Crotone quale sensazione hai avuto?
Luglio 1963. Siamo partiti da Vicenza con la nostra vecchia 600 Fiat. Siamo in tre: Don Marcello Rossetto, Don Bruno Tibaldo ed io, Giuseppe Creazza che sarò chiamato a Crotone Lorenzo. Sono alla guida quando mi arriva una manata al ginocchio (dolorosa) e ascoltato quasi un grido: “Crotone!”. Era di Don Marcello, eravamo arrivati nei pressi della Montecatini. Estate, un calore tremendo, il fumo della fabbrica, stanchezza…però finalmente arrivati a quella che sarebbe stata la nostra casa per un lungo periodo di tempo: l’Episcopio, la casa del vescovo allora Mons. Raimondi che ci ha accolti con un bel sorriso di benvenuti. Nel tardo pomeriggio arriveranno anche altri confratelli, tra questi il diacono Antonio Zordan.

Cerchiamo un bagno e un rubinetto per bere e rinfrescarci un pochino…il rubinetto solo soffiava aria, non c’era acqua…mentre tanto ci nasce una domanda inespressa: “Dove siamo arrivati? Che cosa siamo venuti a fare qui?” Lascio i dettagli alla vostra immaginazione.

Dopo qualche giorno pensiamo di fare una visita al Fondo Gesù e partiamo a piedi per il lungo mare e arrivare al Rione. Arrivati si avvicina un signore e vedendoci “stranieri” ci domanda che cosa siamo venuti a fare e il caro Don Marcello lo informa dicendogli che il Vescovo ci aveva affidato la cura pastorale del Rione e quello bellamente ci ha detto che potevamo ritornare da dove eravamo venuti perché “loro” non avevano bisogno di nessuno. Anche qui lascio alla vostra immaginazione come ci siamo e mi sono sentito.

Che cosa ricordo della mia, nostra missione al Fondo Gesù.
Nel 50° della mia ordinazione diaconale, sono stato ordinato a Crotone da Mons. Raimondi e presente il nostro caro fondatore Don Ottorino Zanon, Don Aldo De Antoni, mio papà, mia mamma e mio fratello Cesare. Per l’occasione sono venuti a visitarmi a Vicenza un gruppetto dei miei “Ragazzi” tutti dai sessanta anni in su e mi hanno regalato un bellissimo quadro di cristallo con l’immagine della Vergine di Capo Colonna con su scritto “QUELLI CHE MAMMA DICEVA DI NON FREQUENTARE” con la dedica “I ragazzi di Fondo Gesù”, quei ragazzi che ho incontrato al mio arrivo a Crotone, ragazzi che si mantenevano sulla strada e che adesso chiamo con molto amore e simpatia “i miei banditi”, banditi che hanno cambiato il volto del Fondo Gesù e che sono diventati agenti di cambio anche per la città; AGORA KROTON è ancora una presenza attiva di questo cambio.

Però la mia presenza è diventata significativa perché c’è stata la presenza di una comunità tutta diaconale.

Quale è stato il motore di questa diaconalità? Siamo arrivati senza un progetto pastorale, solo ci siamo guardati attorno e il “mondo dei bisogni” ha messo in marcia tutto. Abbiamo annunciato il Vangelo della Carità, del servizio.

Don Marcello con gli adulti costruendo un asilo e risolvendo con questo un grave problema per i genitori che dovevano andare al lavoro; occupandosi di quelli che il lavoro non ce l’avevano, accompagnando matrimoni in difficoltà attento anche ai problemi del rione; indimenticabile quella processione-manifestazione organizzata dal partito comunista dove la gente portava in mano le pietre della Montecatini che erano state lasciate allo scoperto sulle strade del rione che rendevano impossibile camminare in sicurezza, per portarle davanti all’entrata del Comune. Commovente, sconcertante, rivoluzionario (in quel contesto storico) questo prete capeggiando una processione di “comunisti” con in mano no un crocifisso ma una pietra, la “croce” di quella povera gente.

Don Bruno Tibaldo, mio consigliere spirituale, no ha fatto molto “rumore”, ma è stato il nostro Mosè sulla montagna e chi l’ha conosciuto lo ricorda come un uomo di Dio, gentile e rispettoso e sempre disponibile. Salin Ulisse arriverà nel 64; presterà il suo servizio nella chiesetta di San Antonio e come autista del pulmino che trasportava i bambini all’asilo del Fondo Gesù.
Presenza che ha promosso anche “cuori diaconali” di donne come la professoressa Rosetta Scalise, Laino….Cilona…..Cotronei….donne coraggiose che hanno condiviso il nostro cammino nel Rione.

E per me, il mio mondo, sono stati i ragazzi, il modo giovanile, quello dimenticato e non amato, quel mondo che ho “sofferto e amato” e che tutt’oggi da colore, calore, senso e gioia alla mia vita di diacono. Non ero solo, il diacono Antonio Zordan mi faceva compagnia e con lui sport: calcio, atletica, cinema, riunioni di formazione, campi scuola, gite, pallavolo, calcetto, ping-pong…Quando ho lasciato Crotone avevamo quasi 300 ragazzi iscritti al CSI, Centro Sportivo Italiano, assicurati e facenti parte di quella che in quel momento era la società sportiva più grande di Crotone. Don Ottorino, il nostro fondatore, diceva che il diacono era il “prete della strada”, e io aggiungo che i suoi paramenti sono i jeans e la cravatta, il suo altare, appunto, la strada, così lo è stato per me.

Il ricordo più bello.
Ne ho tanti, però il ricordo più bello siete voi, cari Calabresi, perché da buoni “terroni” avete accolto un “polentone” Veneto e insieme abbiamo creato una cultura che oggi si chiama “cultura della pace”, una cultura che dopo 60 anni dal suo inizio ci vede ancora a fare festa mangiando una pizza insieme e cantando “Calabrisella”, “Quel mazzolin di fiori” o “Me compare Giacometo…”Bellissimo! Dio ha fatto la polenta e i covatelli e il terrone e il polentone hanno scoperto di stare bene assieme, ci vogliamo ancora bene.

La nostra chiesetta demolita.
Le ragioni, tutte buone…però apriamo gli occhi perché c’è una “demolizione” programmata e organizzata che vuole farci dimenticare o vuole far scomparire storia, cultura persone e anche sottilmente Dio, omologandoci tutti alla stessa maniera…A te che hai vissuto questa storia, questa presenza di un Dio che ci ama e che ha costruito nei nostri cuori la “cultura dell’amore”, il dovere e la gioia di dire con la tua vita che questa storia non è finita, sii tu adesso la nostra chiesetta.

Un abbraccio a voi tutti del Fondo Gesù, anche se ormai non conosco che pochi…
A voi che vivete le nuove povertà: emarginati, abbandonati e giustamente forse anche arrabbiati, ascoltate il vostro cuore…lo diceva anche la Pausini e non gettate alla spazzatura la ricchezza che siete; credete in voi stessi, sognate un mondo, quello che sta gridando il vostro cuore e credete in un Dio che non vi lascerà mai soli perché Lui sì vi ama e non perché siete santi… e se questo Dio volesse darmi un’altra vita da vivere gli dire di mandarmi da voi.

NOTA del diacono Lorenzo Pinton: La storia che qui descrivo si riferisce ai primi anni per questo non ho nominato tanti fratelli che poi sono passati di lì e che potrebbero raccontare tante cose belle, ci vorrebbe un libro per ricordarle tutte e ricordare tutti.

Diacono Lorenzo Giuseppe Creazza innamorato della mia Vocazione, della mia cara Calabria e delle “calabriselle” con questi “occhi scuri…”che fanno innamorare, e innamorato di Dio che ringrazio per avermi fatto vivere quella che considero l’esperienza più significativa della mia vita.

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