Dal campanile alle ciminiere: Sant’Antonio, la parrocchia che racconta i cambiamenti sociali crotonesi
La chiesa che parla attraverso i cambiamenti sociali: Sant’Antonio da Padova, il santo più venerato al mondo tra i quartieri della Crotone delle fabbricheAppena si attraversa il portone della chiesa d...

La chiesa che parla attraverso i cambiamenti sociali: Sant’Antonio da Padova, il santo più venerato al mondo tra i quartieri della Crotone delle fabbriche
Appena si attraversa il portone della chiesa di Sant’Antonio da Padova, l’impressione potrebbe ingannare. Non è una chiesa moderna, nata tra le polveri delle fabbriche o dopo le macerie della guerra. È molto più antica, risalente a secoli fa. Oggi ovviamente ha subito trasformazioni, rendendola più moderna e sicura. Un tempo era dedicata a Sant’Antonio Abate, ma poi il nome è cambiato: oggi è la casa del Santo dei miracoli, Sant’Antonio da Padova.
Sul lato sinistro, accanto un dipinto che ritrae don Ottorino Ottorino, fondatore della Pia Società San Gaetano, spiccano le immaginette del Vescovo Servo di Dio Pietro Raimondi, il vescovo che volle i sacerdoti Gaetanini a custodire questa chiesa. E loro la guidarono per anni, proprio quando Crotone cambiava volto, quando insieme alle ciminiere nascevano i quartieri degli operai. Prima degli anni Duemila andarono via, lasciando la chiesa nuovamente alla Diocesi (prima dei Gaetanini, a celebrare presso la chiesa di Sant’Antonio era don Ciccio Arrighi).
Ora il parroco è don Vito Spagnolo, e sotto la sua egida si svolge, anche quest’anno, la Tredicina di Sant’Antonio: tredici giorni che raccontano preghiere e devozione, iniziate il giorno dopo la chiusura del mese mariano. Ogni giorno, al mattino e alla sera, vi è la recita del Rosario, seguita dalla preghiera della Tredicina. Poi durante la Messa, l’omelia ricorda qualche tratto della vita del santo dei miracoli e dei suoi sermoni.
“Dobbiamo farci belli l’anima”. Ha ricordato ieri sera il parroco, prima della preghiera finale in onore del Santo. Poi il coro parrocchiale ha accompagnato il congedo dalla cerimonia eucaristica con “Salve oh santo da tutte le terre”, che si alterna giornalmente con “Gloria e splendor di Padova, figlio dell’umbro santo”.
Sceso dalla nicchia votiva, avvolta da gigli bianchi, la statua del Santo è meta di preghiere. Mentre sull’altare, accanto ad altri gigli bianchi, vi è reliquia autentica.
E poi ci sono i bambini, protagonisti silenziosi. Anche i loro pianti, ogni tanto, diventano canto. Anche ieri, prima della Messa, un piccolo è stato condotto alla statua, vestito con il saio del Santo. Con lui i genitori, i quali hanno affidato alla protezione serena e benigna del santo dei miracoli il loro pargolo.
Il 10 giugno, martedì, il quartiere si aprirà al passaggio della processione: la statua attraverserà le vie, le campane suoneranno. Farò visita soprattutto ai quartieri nati con il periodo delle fabbriche, con i balconi adornati con le coperte. Ma l’appuntamento più atteso sarà giovedì 13 giugno, alle ore 18:00, con la benedizione dei bambini vestiti da Sant’Antonio. Decine di piccoli fraticelli, con il cordone e il saio, sfileranno tra gli sguardi commossi dei presenti, ricevendo la benedizione proprio nel giorno del santo.
Fondamentalmente questa parrocchia cammina nella memoria, e si fa strada dopo la sfida urbana che interessa il quartiere, dopo il periodo delle fabbriche e un cambio generazionale. Le mogli degli operai della notte dei fuochi dell’Enichem hanno i capelli bianchi, e accompagnano i loro nipoti in parrocchia. I segni si sono fatti presenza: l’immaginetta di Raimondi, i gigli, il bambino vestito con il saio. E il crocefisso ligneo ricorda Padre Tarcisio, scomparso di recente.
Danilo Ruberto