La sorella di Lea Garofalo incontra gli studenti: «Porto ai ragazzi la storia di una donna coraggiosa»

Una donna, una mamma, una figlia, una fimmina di Calabria. La sua storia inizia a Petilia Policastro, e finisce al nord spegnendosi troppo in fretta. Milano il teatro di morte, la mafia il cappio che...

A cura di Redazione
29 novembre 2022 14:00
La sorella di Lea Garofalo incontra gli studenti: «Porto ai ragazzi la storia di una donna coraggiosa» -
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Una donna, una mamma, una figlia, una fimmina di Calabria. La sua storia inizia a Petilia Policastro, e finisce al nord spegnendosi troppo in fretta. Milano il teatro di morte, la mafia il cappio che ha stretto il suo collo. Sono passati tredici anni da quel femminicidio, da quel giorno in cui la ‘ndrangheta ha deciso di ucciderla.

Il suo no all’omertà le è costato la vita e, in quel 24 novembre del 2009, Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, è stata assassinata a Milano dove viveva con la figlia Denise e dove voleva ricominciare a costruire la sua vita.

Una fimmina di Calabria, della provincia di Crotone, la quale scelse di sottrarsi al contesto criminale in cui era cresciuta. Le premeva più di tutto la figlia Denise, e chissà quale futuro migliore sognava per lei: la libertà, il periodo dell’amore, un lavoro, una casa sicura dove trascorrere la sua vita.

E, in occasione del Primo Premio Nazionale dedicato proprio a Lea Garofalo, la sorella Marisa si è recata in due scuole crotonesi, martedì e mercoledì, per parlare agli studenti, protagonisti del concorso concluso giovedì a Petilia Policastro.

«Parlare ai ragazzi è una grande responsabilità che noi tutti abbiamo – ci ha detto – lo faccio con molto piacere, porto ai ragazzi una storia vera, di una donna coraggiosa, una storia di una donna che ha avuto il coraggio di denunciare i mafiosi. Questo è il messaggio che io consegno agli occhi giovani che ho davanti: denunciate». Tante opere realizzate, tra cui dipinti, che Marisa Garofalo ha apprezzato: «Di lei mi manca tutto, come la sua spensieratezza stessa, quel sorriso che mi spiazzava».

Nel 1996, decise di raccontare alla Polizia quella violenza perpetrata dalle cosche, per poi essere torturata ed uccisa anni dopo la sua ribellione: «Ci sono delle responsabilità istituzionali che nessuno pagherà». Ma la mafia, anche dopo il cruento omicidio, ha continuato ad uccidere donne e bambini: «La Ndrangheta continua ad uccidere e credo che sia un problema culturale – ha proseguito – gli uomini dovrebbero capire che noi donne non siamo oggetto di nessuno».

Teatro del Primo Premio nazionale Lea Garofalo, dal 22 al 24 novembre, Petilia Policastro che, tramite una raccolta firme, vuole intitolare una via alla propria concittadina nella frazione Pagliarelle. «Ci auguriamo che intanto che questo premio prosegua negli anni a venire, e vorremmo ripeterlo sempre. Hanno partecipato tanti ragazzi, e vorremmo lavorare con le scuole».

A ideare il Premio, vinto dal Liceo Scientifico di Crotone, è L’Associazione Antimafie e Antiusura Dioghenes APS presieduta dal giornalista Paolo De Chiara, autore del libro “Una fimmina calabrese”. Presidente della Giuria Marisa Garofalo, mentre gli altri membri sono Sergio Ferrari presidente della Provincia di Crotone, Simone Saporito sindaco di Petilia Policastro e Paolo De Chiara: «Siamo un paese senza memoria, ecco il motivo per il quale è giusto ricordare i testimoni di giustizia – ha detto – Lea Garofalo è una testimone di giustizia, ed è importante denunciare la mafia, ma dall’altra parte dobbiamo avere uno Stato che deve supportare fino alla fine queste persone e Lea Garofalo in vita non è stata supportata da nessuno.

Dobbiamo fare tutti attenzione e tutelare queste persone, perchè la commemorazione post mortem serve a poco». «La storia di Lea Garofalo deve essere un monito per i giovani, per prendere in mano la propria vita e farne un capolavoro», sono le parole del primo cittadino di Petilia Simone Saporito: «Lei è un ideale di giustizia e libertà».

Danilo Ruberto

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