Papa Francesco: "Viviamo una grave carestia di pace"
L’invito alla pace e alla riscoperta del vero senso del Natale.Nel corso della benedizione Urbi et Orbi, Papa Francesco è tornato a invocare la fine di ogni conflitto, non sono in Ucraina ma anche neg...

L’invito alla pace e alla riscoperta del vero senso del Natale.
Nel corso della benedizione Urbi et Orbi, Papa Francesco è tornato a invocare la fine di ogni conflitto, non sono in Ucraina ma anche negli altri Stati, in Yemen, Siria, Terra Santa.
“Venti di guerra continuano a soffiare gelidi sull’umanità”, dice Francesco.
“Se vogliamo che sia Natale, il Natale di Gesù e della pace, guardiamo a Betlemme e fissiamo lo sguardo sul volto del Bambino che è nato per noi! E in quel piccolo viso innocente, riconosciamo quello dei bambini che in ogni parte del mondo anelano alla pace.
Il nostro sguardo si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra”.
Poi l’esortazione alla solidarietà: “Il Signore ci renda pronti a gesti concreti di solidarietà per aiutare quanti stanno soffrendo, e illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata! Purtroppo, si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo. Ma la voce del Bambino, chi l’ascolta?
Il nostro tempo sta vivendo una grave carestia di pace anche in altre regioni, in altri teatri di questa terza guerra mondiale.
Oggi come allora, Gesù, la luce vera, viene in un mondo malato di indifferenza – brutta malattia! – che non lo accoglie (cfr Gv 1,11), anzi lo respinge, come accade a molti stranieri, o lo ignora, come troppo spesso facciamo noi con i poveri”.
E qui il passaggio sui migranti: “Non dimentichiamoci oggi dei tanti profughi e rifugiati che bussano alle nostre porte in cerca di conforto, calore e cibo. Non dimentichiamoci degli emarginati, delle persone sole, degli orfani e degli anziani – saggezza di un popolo – che rischiano di finire scartati, dei carcerati che guardiamo solo per i loro errori e non come esseri umani”.