(VIDEO) A Crotone il Festival della Restanza, Vito Teti: ''Per restare in Calabria ci vuole coraggio''

Se si parla di restanza, il merito è del professore Vito Teti, docente di Antropologia presso l’Università della Calabria. La “restanza” è un concetto profondo e complesso che racchiude in sé la duali...

A cura di Redazione
06 settembre 2024 16:00
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Se si parla di restanza, il merito è del professore Vito Teti, docente di Antropologia presso l’Università della Calabria. La “restanza” è un concetto profondo e complesso che racchiude in sé la dualità di sentirsi radicati e al contempo disorientati in un luogo che necessita sia di protezione che di una rigenerazione radicale. Questo termine evoca un senso di appartenenza e di responsabilità, invitandoci a riflettere sul nostro rapporto con lo spazio che abitiamo e con il tempo in cui viviamo.

Vito Teti, nel suo saggio “La restanza”, pubblicato da Einaudi, esplora e approfondisce questa tematica, ponendo domande cruciali sul nostro modo di vivere, abitare e interagire con il mondo che ci circonda. Questo libro non è solo un’opera di analisi sociale, ma anche un invito personale e collettivo a ripensare il nostro modo di essere cittadini, non solo di una nazione, ma di una comunità più ampia e interconnessa.

“La restanza” ci sfida a guardare oltre la superficie delle nostre vite quotidiane, a considerare le radici che ci tengono ancorati e le possibilità di trasformazione che possiamo abbracciare. È un invito a proteggere ciò che amiamo, ma anche a non temere il cambiamento e la rigenerazione, riconoscendo che il vero equilibrio risiede nella capacità di armonizzare passato, presente e futuro.

Ed è così che il secondo Festival Della Restanza, organizzato da Io Resto in collaborazione con la Libreria di Paolo Cerrelli, e che si è svolto ieri sera presso Piazza Immacolata, ha come titolo “Ruggine e oro, quando le radici contano più delle ali”, ruggine perchè ci sono zone d’ombra in Calabria, così come a Crotone, luoghi abbandonati e dimenticati, oro per quello che può essere trasformato in un diritto a restare.

L’analisi svolta durante il Festival, bagnato per pochi minuti da una flebile pioggia, è stata indirizzata verso il restare, ma anche verso il partire. Ci sono borghi che oggi contano cinquemila persone ma che, tra qualche anno, potrebbero ridursi a cinquecento anime.

Certe volte il partire e il restare sono legati a necessità – ha dichiarato l’antropologo Vito Teti l’importante è che sia il restare che il partire diventino dei diritti fondamentali delle persone, e bisogna creare le condizioni per cui chi ha voglia di restare possa restare, e chi ha voglia di partire possa partire“.

Restare è molto duro, molto doloroso – ha continuato – Ospedali, strade, una vita sociale ben organizzata, sono tutti fattori che qui mancano completamente. I paesi si stanno spopolando e diventano inaccoglienti, e allora le persone per restare devono avere una grande coraggio, una grande voglia di faticare, sentendosi anche spaesati nel posto in cui abitano. Non ridurrei la restanza ad una comodità di chi resta, ma ha tanti svantaggi“, ha concluso.

In sostanza, la Calabria si trova spesso a confrontarsi con la dualità del suo passato (ormai, appunto, passato) e le sfide del presente. Tuttavia, il “restare” in Calabria non deve essere visto come una forma di nostalgia o una scelta obbligata. Al contrario, rimanere può diventare una decisione consapevole e strategica, capace di aprire le porte a nuovi “futuri possibili”.

Presenti Alessandro Frontera, storyteller e scrittore originario di Umbriatico; Giuseppe Caruso e Manuela Arminio, fondatori della libreria “Libri Liberi” a Petilia Policastro; Stefano Caccavari, fondatore della startup agricola “Mulinum” a San Floro; Angelo Gallo, maestro burattinaio, regista e scenografo crotonese. La serata è stata condotta dalla giornalista Annamaria terremoto, e il Festival, giunto alla seconda edizione, è stato accompagnato dalle musiche di ricerca sulle tradizioni popolari di Paolo Presta e Federica Guido.

Nel Festival svolto ieri, dunque, il “restare” diventa un atto di resilienza e di amore per la propria terra. È un modo per valorizzare le risorse locali, promuovere la cultura e le tradizioni, e costruire una comunità più forte e coesa. È anche un’opportunità per affrontare e superare le sfide dell’arretratezza, attraverso l’innovazione, l’educazione e la collaborazione tra cittadini, imprese e istituzioni.

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