Crotone – La sclerosi multipla è una patologia cronica, per la quale ancora non esiste un farmaco risolutivo, che in Italia interessa circa 140mila persone. 4300 i calabresi che ne sono affetti, “anche se la stima – afferma il presidente dell’Associazione italiana sclerosi multipla della Calabria, Salvatore Lico – crediamo sia per difetto”.
La speranza di poter arrivare un giorno ad una cura risolutiva è strettamente legata alla ricerca, che negli ultimi 20 anni ha compiuto importanti passi avanti grazie all’Aism. Oggi esistono farmaci capaci di rallentarne il decorso, ma numerosi ed importanti studi scientifici hanno dimostrato che anche una corretta e costante attività di riabilitazione può avere effetti estremamente positivi.
Dell’argomento si è discusso nel convegno dal tema “Sclerosi multipla, la complessità degli interventi riabilitativi”, organizzato a Crotone dall’Istituto S. Anna, che ha messo a confronto esperti di primissimo livello da ogni parte d’Italia.
L’obiettivo è accendere i riflettori su una patologia che, come molte patologie croniche, non riceve le dovute attenzioni dal sistema sanitario. Tanto più vista la complessità degli interventi terapeutici necessari per affrontarla in modo efficace. La complessità della patologia, che coinvolge la sfera fisica, cognitiva ed emotiva dei pazienti, richiede infatti un approccio multidisciplinare, nel quale anche il paziente ha un ruolo chiave.
Strutture come l’istituto S. Anna di Crotone, dunque, che hanno nel loro bagaglio una lunga esperienza nel settore della riabilitazione ed un costante interesse nella ricerca, che si sostanzia in tecniche riabilitative innovative (come la robotica o la teleriabilitazione), possono essere importantissime in un percorso condiviso che costruisca un approccio univoco e sistematico alle terapie con cui si fronteggia la sclerosi multipla.
“Il fattore vincente – spiega l’amministratore unico dell’Istituto S. Anna, Giovanni Pugliese – è l’alleanza tra le aree della sanità coinvolte. È fondamentale che l’area sanitaria regionale e le Asp territoriali parlino tutte la stessa lingua. Come struttura sanitaria finora abbiamo affrontato questa patologia quando abbiamo incontrato pazienti che ne sono affetti, ma ora stiamo pensando di occuparcene in maniera più sistematica. La speranza è riuscire a dare il nostro contributo, attraverso l’esperienza e le tecnologie di cui siamo dotati e sulle quali lavoriamo continuamente”.

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