La diocesi di Crotone chiude l’Anno Giubilare, il Vescovo: “La speranza resta aperta”

A Crotone il cammino si conclude nella parrocchia Santa Maria Madre della Chiesa: l’Anno Santo, aperto da Monsignor Claudio Maniago e chiuso da Monsignor Alberto Torriani, diventa nuovo inizio di speranza

A cura di Redazione
29 dicembre 2025 08:44
La diocesi di Crotone chiude l’Anno Giubilare, il Vescovo: “La speranza resta aperta” -
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La chiusura dell’Anno Giubilare nelle diocesi italiane segna in questi giorni un passaggio di fede e di responsabilità. Le comunità, dopo mesi di cammino spirituale segnato da pellegrinaggi, riconciliazione e preghiera, riconsegnano questo itinerario alla vita ordinaria, dove il Vangelo è chiamato a farsi carne e stile di esistenza. Da Nord a Sud, le porte giubilari si chiudono ma resta aperta la porta della speranza, affidata alla testimonianza quotidiana dei fedeli.

A Crotone, la celebrazione diocesana di chiusura dell’Anno Santo si è svolta nella parrocchia Santa Maria Madre della Chiesa, nella cornice liturgica della Festa della Santa Famiglia. Un appuntamento che ha abbracciato simbolicamente tutto il percorso vissuto dal territorio: l’Anno Giubilare era stato aperto da Monsignor Claudio Maniago, allora Amministratore Apostolico della diocesi; oggi, a chiuderlo, è stato il Vescovo Monsignor Alberto Torriani, che ha fatto il suo ingresso nella diocesi nel marzo 2025. Accanto a lui ha concelebrato Monsignor Antonio Staglianò, presidente dell’Accademia Pontificia.

Un’intensa partecipazione ha riunito famiglie, religiosi, laici e pellegrini in un clima di raccoglimento e gratitudine. La celebrazione ha voluto riconsegnare il Giubileo alla vita concreta delle persone, trasformando l’esperienza spirituale in impegno quotidiano.

Durante l’omelia, il Vescovo Torriani ha offerto una riflessione centrata sulla lettera ai Colossesi: «Rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mitezza, di pazienza… e la pace di Cristo regni nei vostri cuori». Un invito “non riservato a pochi, ma rivolto ad ogni credente nella normalità della vita di ogni giorno”, richiamando il verbo concreto del cristianesimo: rivestire. “Come ci si veste ogni mattina con un abito, così bisogna rivestirsi di Cristo”, soprattutto nei momenti in cui le relazioni si fanno faticose e la vita sembra sfilacciarsi. La pace di Cristo, ha ricordato, “non è l’assenza di conflitti ma la presenza capace di tenere unito ciò che rischia di spezzarsi”.

Le chiese giubilari della diocesi, aperte nei mesi passati, sono state richiamate come luoghi di “preghiera, riconciliazione e ripartenza”: non mete da visitare ma spazi per fermarsi e ricominciare. “C’è chi è tornato dopo tanto tempo, chi ha varcato la soglia per la prima volta, chi ha vissuto un passaggio silenzioso e carico di significato. In quei luoghi – ha confidato il Vescovo – molti hanno potuto dire al Signore: Eccomi, sono qui, così come sono”.

Il Vangelo del giorno, con Giuseppe che “si alza, prende con sé il bambino e sua madre”, ha offerto la chiave del cammino: l’Egitto come tempo di sospensione e custodia, il ritorno come responsabilità e quotidianità. Così il Giubileo è stato definito “un tempo di Egitto”: un sostare per respirare e rimettere ordine, non una parentesi eterna. Ora si rientra nella “terra ordinaria” della vita con la pace ricevuta, il perdono sperimentato e la speranza riaccesa.

Il titolo del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, è tornato come bussola. Non pellegrini dell’emergenza ma credenti ancorati a Cristo, come richiama l’àncora simbolo dell’Anno Santo. “Le onde restano, il vento soffia, ma la nave tiene”: da qui la domanda personale e comunitaria posta dal Vescovo – “A cosa siamo stati ancorati in questo tempo? Alle paure o alla Grazia?”.

Il Vescovo ha richiamato anche i passaggi della Chiesa universale: il ringraziamento per Papa Francesco, la preghiera per il suo ministero speso nel Vangelo della misericordia, e l’accoglienza del successore Papa Leone, chiamato a guidare la Chiesa in una stagione nuova. Per la diocesi crotonese, l’arrivo del nuovo Vescovo rappresenta un segno: “La speranza non nasce dalla stabilità delle persone, ma dalla fedeltà di Dio che accompagna ogni passaggio. La Chiesa non si fonda su chi resta, ma su Colui che resta per sempre”.

Con la chiusura ufficiale del Giubileo, le porte simboliche si richiudono ma la speranza resta aperta: chiede di diventare stile di vita nelle famiglie, nelle comunità, nei luoghi feriti, nei luoghi di lavoro, nel sociale. “Una speranza che si traduce in misericordia concreta, pazienza operosa e perdono possibile”.

Se la nostra vita saprà dire a qualcuno: Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore, allora il Giubileo continuerà a portare frutto”, ha concluso Monsignor Torriani.

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