Lea Garofalo, la donna che si è ribellata alla ndrangheta

Sono passati dodici anni dal femminicidio, da quel giorno in cui la ‘ndrangheta l’ha uccisa. Dodici anni da quando il suo no all’omertà le è costato la vita. Il 24 novembre del 2009 Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia è stata assassinata a Milano dove viveva con la figlia Denise e dove voleva ricominciare, o almeno ci provava.

“Dodici anni fa scompariva Lea Garofalo, testimone di giustizia che pagò con la vita il suo desiderio di libertà dalla ‘Ndrangheta. Lea scelse di sottrarsi al contesto criminale in cui era cresciuta per garantire alla figlia Denise un futuro migliore. Il suo straordinario coraggio e il suo altissimo senso civico sono un esempio di amore per la legalità che dobbiamo continuare a ricordare e onorare tutti i giorni nella lotta alle mafie”. Lo ha scritto la Sottosegretaria per il Sud e la Coesione territoriale Dalila Nesci.

“La drammatica vicenda di Lea Garofalo  ci impone una riflessione sull’impegno che lo Stato deve garantire a tutela di chi sceglie la legalità. Nel 2018 abbiamo voluto colmare il vuoto normativo sui testimoni di giustizia, con una legge approvata all’unanimità che ha rafforzato le misure di protezione, sostegno economico e assistenza nella fase del reinserimento sociale. Io stessa ho proposto una legge, ‘Liberi di Scegliere”, che prevede l’introduzione di specifici provvedimenti per la protezione e l’assistenza dei minorenni che subiscono violenze o sono coinvolti in reati dai familiari mafiosi. È anche grazie ai testimoni di giustizia che è stato possibile abbattere le organizzazioni criminali, grazie a persone come Lea Garofalo che ha deciso di denunciare ad alta voce le logiche mafiose del suo ambiente d’origine. Il nostro compito, come istituzioni e come comunità, è quello fare ulteriori passi in avanti, continuando a impegnarci con la massima determinazione contro le mafie e – conclude  – a proteggere sempre chi sceglie di stare dalla parte della giustizia”.