Negli ultimi decenni il nostro territorio si è trovate ad affrontare un fenomeno migratorio non indifferente. Abbiamo toccato con mano la paura, l’angoscia ma anche la voglia di riscatto e di vita di chi è arrivato, di chi è riuscito a sopravvivere alle traversate. Attraverso le loro storie, i loro occhi, i loro silenzi, abbiamo imparato a conoscere un mondo in cui i diritti dei bambini sono seriamente a rischio.
Le loro testimonianze sono state ascoltate e condivise durante la loro permanenza nel Centro di accoglienza di Sant’Anna, come ricorda anche l’ex direttore Vitaliano Fulciniti che spiega come funziona il delicato momento dell’arrivo nelle strutture dei minori. «Il rapporto con i bimbi che arrivano in un centro di accoglienza – spiega – è un aspetto particolarmente delicato, molto più di quanto può essere l’arrivo degli adulti. Questo perché, come sappiamo, i bimbi portano dentro delle ferite profonde che normalmente non si vedono subito ma, purtroppo, si vedranno negli anni».
Farli sentire in un ambiente protetto è dunque l’aspetto fondamentale per garantire al bambino una permanenza serena nel luogo in cui è arrivato: « Quando ero direttore del centro – continua Fulciniti – ricordo che arrivavano solo bimbi inseriti nei nuclei familiari, oggi invece si stanno attrezzando per accogliere anche i minori non accompagnati. All’epoca la prima cosa che facevamo era inserirli nelle attività delle ludoteca e chi era in età scolastica frequentava la scuola paritaria di Isola di Capo Rizzuto dove hanno sempre ricevuto un’accoglienza spettacolare, integrandosi immediatamente grazie alla bravura del personale e ai bambini della città che li ricoprivano di ogni attenzione».
Fulciniti ricorda anche le collaborazioni con il territorio, con l’Unicef e l’Inner Wheel che donarono la “barca del sorriso” e la grande attenzione e umanità del Teatro della Maruca. Azioni che sicuramente, come spiega l’ex direttore del Cara «non cancella le ferite impresse nei cuori di questi bambini ma li aiuti a costruire un futuro con qualche speranza in più».
Bambini nati in terre in cui i loro diritti non venivano riconosciuti, cosa si può fare dunque per cambiare le cose, per tutelarli? Fulciniti è sincero: «Non ci sono ricette esaustive, penso sarebbe utile che le grandi nazioni cominciassero a guardare con maggiore attenzione. Non dimentichiamo quello che sta accadendo anche oggi, le ultime vicende drammatiche della guerra in cui i bambini che vengono presi in ostaggio. I bambini rappresentano il nostro futuro ma forse, ancor di più, rappresentano il nostro presente perché sulle loro gambe devono viaggiare e crescere i sentimenti più puri dell’essere umano: la pace, la solidarietà, la fratellanza, l’amore l’un per l’altro. Poi quando arrivano nel nostro territorio l’ spetta ad ogni struttura che li accoglie andare oltre quelli che sono le previsioni dei capitolati. Spesso si resta rigidamente ancorati a quello che è presto dalla normativa, ma noi ci troviamo al cospetto di esseri umani che hanno bisogno di un nostro sforzo maggiore. Noi, in quei 14 mesi di servizio al Cara di Isola lo abbiamo fatto».
V. R.

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