Diversi soccorritori, una provincia e una regione che ieri si è rimboccata le maniche per salvare i migranti. Una pagina di storia triste, forse la più buia in Calabria, che ha registrato diverse vittime innocenti. I viaggi della speranza, un prezzo alto per il sogno di lasciare le proprie terre e assicurasi un futuro migliore. Poi c’è il mare, il mediterraneo della morte, che porta sulle coste corpi inermi, con occhi spalancati mentre la vita fugge via.
Così ha scritto il vescovo crotonese Antonio Giuseppe Caiazzo, per tutti don Pino, titolare della Diocesi di Matera-Irsina: «Urla il mare in tempesta, schiumando sulla riva nel buio della notte. Urlano, tra le onde che biancheggiano, bimbi, ragazzi, donne, uomini, travolti e ormai sommersi dalla morte. Quel mio mare, tanto bello e tanto caro, sa farsi killer senza pietà. Sono decine di anni che puntualmente, di fronte a tragedie come quella consumata a Steccato di Cutro, sento ripetere il ritornello: bisogna intervenire nei paesi di partenza, coinvolgere l’Europa, lottare contro i trafficanti di uomini.
Sono pienamente d’accordo. Però, intanto, passano gli anni, cambiano stagioni e governi, e la persona umana, violentata nella sua dignità, viene abbandonata a se stessa, al freddo, al gelo, al caldo asfissiante, ma si continuano a raccogliere vite umane e, quando non si riesce a salvarle, cadaveri. Se diciamo di essere cristiani, come ci ricorda oggi Gesù, ricordiamoci che saremo riconosciuti come tali solo se saremo capaci di scorgere il suo volto in quello del povero, di chi è malato, dei forestieri da accogliere, di chi scappa dalla guerra. E intanto con il capo chino, la tristezza nel cuore, penso a quelle salme adagiate sulle mie spiagge dorate, e ora poste in quel palazzetto dello sport dove sono stato consacrato vescovo, e dico: riposate in pace! E ai soccorritori: grazie per il cuore grande che continuate a dilatare nel silenzio, seminando amore.