«Non siete soli»: il vescovo Torriani celebra il Natale tra i detenuti di Crotone
Il vescovo ai detenuti: “Andare senza indugio e trovare: qui può nascere una libertà che nessuna sbarra impedisce”
Ha scelto ancora una volta il luogo più silenzioso e spesso dimenticato della città: la Casa Circondariale di Crotone. È lì che monsignor Alberto Torriani, lo scorso marzo, aveva iniziato il suo ministero episcopale nella diocesi di Crotone-Santa Severina, incontrando detenuti, agenti e cappellani. Ed è lì che, questa mattina di Natale, ha celebrato la Messa, consegnando parole con un dialogo diretto con la vita quotidiana del carcere.
Al centro dell’omelia, due verbi del Vangelo di Luca: “andare senza indugio” e “trovare”. Due movimenti che, ha spiegato il vescovo, “dentro un carcere suonano con una forza particolare, perché qui il tempo pesa, gli spazi sono segnati, eppure il cuore non smette di cercare un varco”.
Monsignor Torriani ha ricordato che “andare senza indugio” non è la corsa dei forti, né la prepotenza dei vincenti, "ma il gesto libero dei pastori, uomini della notte e della fatica, che non rimandano l’essenziale". È il passo di chi decide di rialzarsi: “Oggi non mi lascio rubare la dignità, oggi non spengo il bene che posso fare, oggi non mi lascio definire solo dal peggio di me”.
Poi il secondo verbo: “trovare”. Non un palazzo, non una soluzione magica, ma un bambino fragile, affidato a una madre e a un padre. “Dio non entra nella storia imponendosi, ma offrendosi. Non viene a schiacciare, viene a stare vicino. Non dice: ‘Adesso vi faccio vedere io’, ma: ‘Non siete soli’”. In carcere, ha sottolineato il vescovo, “trovare” assume un sapore speciale: “Qui tante cose sembrano perdute: tempo, fiducia, legami, possibilità. Eppure il Vangelo osa dire che si può trovare: un motivo per non odiare, una luce in una giornata uguale alle altre, una dignità che nessuno può togliere”.
Il messaggio si è allargato anche a chi lavora nella casa circondariale: agenti, operatori, educatori, sanitari, volontari. A loro il vescovo ha riconosciuto un servizio “spesso logorante e poco riconosciuto”, invitandoli a non cedere al cinismo e a continuare a credere che “in ogni persona possa esserci un varco, un frammento di bene che non è morto”. Perché sicurezza e dignità, ha detto, “non sono nemiche: possono camminare insieme”.
La conclusione è stata una richiesta semplice “che oggi nasca almeno un passo senza indugio e almeno un trovare vero, piccolo ma reale”. Perché se si trova davvero il Bambino, ha ricordato il presule, “anche qui può cominciare qualcosa che nessuna sbarra può impedire: la libertà interiore dei figli di Dio, la pace che viene dall’essere guardati con misericordia, e la forza di ricominciare”.
Danilo Ruberto
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