(Video) L’Arcivescovo Panzetta: «Che sia una Pasqua col diritto della speranza: se siamo Cristiani dobbiamo accogliere»

(Video) L’Arcivescovo Panzetta: «Che sia una Pasqua col diritto della speranza: se siamo Cristiani dobbiamo accogliere»

Crotone – Gli auguri pasquali dell’Arcivescovo di Crotone – Santa Severina Angelo Panzetta vertono sulla speranza, e sul diritto ad avere. La Pasqua non è un solo un periodo di festa, ma un lungo cammino che porta all’uomo nuovo, dimenticando gli egoismi. Il naufragio di Steccato di Cutro, ha ricordato, non è solo una tragedia, ma un insegnamento, un monito. “Abbiamo bisogno di politici che abbiano a cuore il bene comune“, ha detto, ricordando che “non si può essere cristiani senza il valore dell’accoglienza“. L’incontro tra il presule e la stampa è avvenuto presso la Curia Arcivescovile in Piazza Duomo, formulando gli auguri a tutti “gli abitanti del territorio arcidiocesano”.

«Nella mia preghiera odierna pensavo qualche fosse il tratto specifico della Pasqua di quest’anno – ha dichiarato il presule – intanto è la Pasqua della tragedia di Steccato di Cutro. E’ un evento che ha segnato il nostro cammino quaresimale ma anche il nostro .. pasquale. Ma anche la Pasqua della visita pastorale, iniziata già da qualche mese, ed è un’esperienza meravigliosa che però mi mette  davanti anche problemi importanti che come Chiesa di Crotone-Santa Severina dovremmo affrontare insieme. E poi è anche la Pasqua del cammino sinodale perchè siamo entrati nel vivo di questo percorso che ha una finalità ambiziosa, ovvero non pensare ad un’altra Chiesa ma ad una Chiesa diversa, attenta alle esigenze del nostro tempo».

«Come credenti abbiamo questa lieta notizia di Gesù che ha sconfitto la morte – ha continuato – questo messaggio, per chi crede, ha cambiato la storia dell’umanità perchè ha fatto germogliare la vita nuova dentro il mistero della morte. Questo ci permette di avere uno sguardo di luce per affrontare la vicenda umana nei suoi aspetti luminosi ma anche in quelli di opacità e di tenebra». 

La ferita di Steccato di Cutro è ancora aperta: «Siamo di ulteriori ritrovamenti di corpi e questo è come se ci costringesse positivamente a mettere al centro della nostra preghiera e riflessione quello che è avvenuto. Ricordo quel giorno drammatico in cui mi sono recato sulla spiaggia che qualcuno mi ha detto che era la domenica delle salme, ancor prima della domenica delle palme. E come comunità riconosciamo che quell’evento è stato un segno dei tempi per noi, che ci ha chiamati a rivedere il nostro cammino quaresimale proprio nella prospettiva dell’accoglienza. Scrutando la parola di Dio in quei giorni come comunità abbiamo scoperto chiaramente che o siamo credenti o non siamo discepoli di Gesù. E quella parola ci ha non solo chiesto di essere profezia in un contesto di chiusura e di paura, ma ci ha chiesto di rivedere gli stili di accoglienza nelle nostre comunità, nelle nostre strutture, nelle nostre associazioni, nei nostri movimenti» .

Essere comunità ospitali, dunque, “in linea con i desideri del Signore, questo è stato probabilmente il filo rosso della Quaresima che proprio gli eventi di Steccato di Cutro hanno segnato”. Poi ricorda: “In quella vicenda drammatica ci sono stati anche segnali Pasquali e luminosi. I segnali Pasquali luminosi li abbiamo visti nella nella rabbia positiva della nostra gente che non ha accettato quanto è accaduto. Segnali positivi e luminosi li abbiamo visto nell’accoglienza della nostra gente che si è gettata nel mare pur di aiutare le persone. E questi segnali positivi li ha graditi anche il Santo Padre nell’incontro che abbiamo avuto lui come Vescovi calabresi.

Il Papa ci ha proprio elogiati per lo stile di accoglienza che abbiamo vissuto in questa tragedia ma anche di fronte a numerosi sbarchi che continuano sulle nostre terre. La Pasqua dovrà far fiorire tutto questo, dovrà aiutarci e trasfigurarci per essere comunità sempre più ospitali».

«Questa è anche la Pasqua della visita pastorale, sto girando nelle comunità e devo dire che io vado nelle comunità per portare il Kerigma, per portare l’annuncio Pasquale di Gesù ma me ne torno carico di tante testimonianze luminose di fede pure in mezzo alle prove. Se dovessi dire quello che mi ha veramente portato grande consolazione in questa esperienza è la visita a tanti ammalati, giovani e meno giovani, anziani, che vivono questo passaggio della loro vita con una luce, una speranza che  se fosse presente in ciascuno di noi cambierebbe il mondo. E poi ho visto tante tanti catechisti appassionati, tanti sacerdoti che con dedizione servono le nostre comunità, bimbi, giovani. La visita pastorale mi riempie il cuore di gioia e nello stesso tempo mi pone nel cuore tante domande circa la nostra capacità che come chiesa abbiamo per affrontare il futuro.

Ci sono grandi sfide: «La capacità di parlare ai giovani, la capacità di fornire cibo solido per il cammino degli adulti, degli sposi, delle famiglie. Siamo in un momento decisivo della storia del Cristianesimo in Occidente e anche nei nostri territori. il fatto di avere la Pietà Popolare non ci esime dal dovere di affrontare la questione della missione e dell’annuncio del Vangelo oggi nel nostro territorio. Sono certo che la luce Pasquale di Gesù ci aiuterà anche a intravedere i segni della volontà di Dio per questo servizio ecclesiale urgente che dobbiamo compiere».

Questa è anche la Pasqua del cammino sinodale: «Siamo ancora dentro questo cammino meraviglioso, anche qui sana emergendo luci, tanto desiderio, tanta aspettativa, tanta volontà di cambiamento e soprattutto tanto desiderio di una chiesa più evangelica, più in linea con i desideri del Signore. Ma anche tante lentezze,  tante difficoltà, tanti particolarismi, tanti individualismi che rendono difficile questo itinerario.  Non saremmo Onesti se non riconoscessimo che le divisioni le mentalità particolaristiche sono il grande problema che dobbiamo affrontare. Il nostro territorio e le nostre chiese sono piene di carismi, di gente con doni di grazia straordinari, ma se non sapremo metterli insieme diventeremo irrilevanti nel futuro.

Sarà questa la grande prospettiva: «Io penso che la Pasqua di Gesù ci darà il discernimento e la luce per affrontare ogni cosa. Globalmente dunque mettendo insieme questi tratti del mistero Pasquale io penso che il Signore chieda alle nostre chiese, alla nostra chiesa, e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà nel nostro territorio di assumersi il diritto e la responsabilità della speranza. Il diritto di sperare ci viene dalla Pasqua di Gesù ci viene donato gratuitamente: è un dono che viene dall’alto. E’ un dono che il Vangelo e la Pasqua consegnano a ciascuno di noi. La responsabilità di sperare viene a noi. La speranza Cristiana non è fuga dal mondo: è invece impegno nel mondo e ci chiede una profezia di annuncio e di gesti che cambino il mondo.

Io penso che la questione di Cutro abbia chiaramente evidenziato  che né le proposte neoliberiste né quelle populiste possono dare  risposte concrete alla vicenda umana del nostro tempo al nostro territorio. Noi abbiamo bisogno di politici che abbiano a cuore passione, il bene comune. Solo recuperando il bene comune, solo recuperando temi importanti come la destinazione universale dei beni, avremo la capacità di affrontare le grandi sfide che abbiamo di fronte. E soprattutto abbiamo la necessità di pensare la solidarietà ad un livello più alto, perché la solidarietà non è semplicemente un aiuto di elemosina, o un intervento temporale, non è far cadere le briciole della nostra tavola per sfamare chi ha fame. La solidarietà ci chiede di far sedere al tavolo del benessere e della sicurezza tanti popoli che non sono ancora seduti. E quindi lo sguardo Pasquale, la prospettiva militante che viene dalla Pasqua di Gesù ci chiede di immaginare nella speranza un futuro diverso per l’umanità.

La fraternità come ha detto più volte Papa Francesco è la vera frontiera per gli uomini del nostro tempo. Io penso che queste parole indichino una strada importante. Gli egoismi o i  particolarismi con i quali si è provato ad affrontare la questione dei migranti e di coloro che fuggono perché nei loro paesi non hanno diritti e non hanno la possibilità di immaginare un futuro di pace e di benessere, queste prospettive parziali non hanno funzionato. Viviamo questa Pasqua  con il diritto a sperare che viene nella luce Pasquale di Gesù, ma anche con la responsabilità di essere seminatori di speranza, di pensieri, di progetti e di speranze e anche di azioni che costruiscono il mondo degli uomini nella fraternità e nella pace».




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