Vino italiano nel mondo: i mercati che crescono e quelli da riconquistare

Il vino italiano continua a essere uno dei prodotti simbolo del made in Italy nel mondo. Apprezzato per la qualità, la varietà e il legame con il territorio...

A cura di Redazione
11 aprile 2025 17:45
Vino italiano nel mondo: i mercati che crescono e quelli da riconquistare -
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Il vino italiano continua a essere uno dei prodotti simbolo del made in Italy nel mondo. Apprezzato per la qualità, la varietà e il legame con il territorio, è presente sulle tavole di oltre cento Paesi, con una reputazione costruita in decenni di esportazioni e successi. Ma il panorama globale sta cambiando rapidamente, e con esso le dinamiche che regolano domanda, consumo e strategie di posizionamento.

Negli ultimi cinque anni, il consumo globale di vino – argomento di cui si occupano stabilmente anche le riviste del settore come il sito WineMeridian.com ha subito oscillazioni significative. A fronte di un calo nei consumi in alcuni mercati maturi, come Francia e Germania, si registra un’espansione in Paesi emergenti e in aree dove la cultura del vino si sta diffondendo più di recente. Parliamo di mercati asiatici, dell’Europa orientale, ma anche di alcune economie sudamericane dove cresce la classe media e con essa l’interesse per prodotti enogastronomici di qualità.

Tra i mercati in crescita, il Canada si conferma una destinazione interessante per il vino italiano. I consumatori mostrano una forte preferenza per le etichette europee, con attenzione alla sostenibilità e al racconto di origine. Bene anche il Giappone, che continua ad apprezzare l’eleganza dei rossi piemontesi e la versatilità dei bianchi del Nord-Est. Al contrario, negli Stati Uniti – pur restando il primo mercato di esportazione per l’Italia – la concorrenza si è fatta più serrata, anche a causa della pressione esercitata da produttori locali e da Paesi come la Spagna e l’Australia.

Un discorso a parte merita la Cina. Dopo anni di entusiasmo crescente, segnati da un interesse marcato per i vini francesi e in parte per quelli italiani, il mercato ha subito una fase di rallentamento. Fattori economici interni, nuove abitudini di consumo e una maggiore attenzione al prezzo hanno imposto una revisione delle strategie. Riconquistare il consumatore cinese richiederà, nei prossimi anni, non solo promozione, ma anche un adattamento nei formati, nei canali di vendita e nei linguaggi utilizzati per raccontare il prodotto.

Anche il Regno Unito rappresenta oggi una sfida interessante. Dopo l’uscita dall’Unione Europea, il mercato britannico ha dovuto rivedere le proprie regole commerciali e logistiche, ma resta comunque un terreno fertile per chi sa coniugare qualità e capacità di posizionamento. I consumatori inglesi apprezzano sempre di più la trasparenza e l’identità dei vini italiani, ma cercano anche facilità di accesso, offerte coerenti e una comunicazione chiara.

Secondo il più recente aggiornamento diffuso da Nomisma Wine Monitor, l’export del vino italiano dovrebbe chiudere il 2024 con un incremento complessivo superiore al 4%, superando per la prima volta la soglia degli 8 miliardi di euro. Il risultato è sostenuto principalmente dalla crescita delle vendite in mercati come Stati Uniti, Canada, Australia e Regno Unito, sia per i vini fermi imbottigliati sia per gli spumanti, che continuano a rappresentare un punto di forza dell’offerta italiana.

L’approccio vincente è quello che affianca la promozione tradizionale a strumenti di marketing digitale e storytelling. Le aziende che riescono a costruire una narrazione coerente del proprio prodotto, coinvolgente e adatta ai diversi contesti culturali, sono anche quelle che si posizionano meglio. In questo senso, la personalizzazione delle strategie diventa cruciale: ciò che funziona a New York non è detto che sia efficace a Singapore o a Toronto.

Oltre alla comunicazione, pesa la capacità logistica. I mercati più promettenti, spesso, sono anche quelli più difficili da raggiungere. Tempi lunghi, normative variabili, dazi e infrastrutture complesse richiedono un’organizzazione solida. Le aziende che hanno investito nella creazione di una rete di importatori affidabili, distributori motivati e operatori locali formati, hanno costruito un vantaggio competitivo che si consolida nel tempo.

Infine, c’è la variabile prezzo. In un mondo globalizzato, dove ogni etichetta è in competizione con centinaia di alternative, il posizionamento è fondamentale. Il vino italiano deve continuare a essere percepito come un prodotto di valore, autentico, legato al territorio, ma accessibile. Non il più economico, ma quello con il miglior rapporto tra qualità e identità. E questo messaggio va costruito con coerenza, in ogni punto di contatto con il consumatore.

La reputazione del vino italiano nel mondo resta alta, ma non può essere data per scontata. I gusti cambiano, le generazioni si avvicendano, le regole del mercato si riscrivono. Per questo è importante monitorare costantemente le evoluzioni in corso e aggiornare le strategie di conseguenza. Solo così sarà possibile consolidare i mercati più forti e aprire nuove strade, con l’ambizione – e la consapevolezza – di rappresentare uno dei volti più autentici del made in Italy.

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