(VIDEO) "Andiamo in pace a lottare”: Crotone ricorda la Notte dei Fuochi e guarda al futuro tra lavoro e cultura

Dal 6 settembre 1993 a oggi, il Movimento SeiSettembre e il Consorzio Jobel guidano la città verso nuovi percorsi di sviluppo e coesione

A cura di Redazione
06 settembre 2025 14:00
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“Andiamo in pace a lottare”. Con questa benedizione si chiuse la messa celebrata sui binari della stazione di Crotone, occupati da cittadini, associazioni, operai e familiari, da don Giorgio De Antoni, allora parroco di Sant’Antonio e direttore della Pastorale sociale del lavoro della diocesi. Quelle parole hanno segnato una città intera e, a distanza di anni, continuano a guidare l’impegno sociale e culturale della comunità.

Il 6 settembre 1993 rimane una data storica per Crotone. In quella notte, gli operai dell’Enichem diedero vita alla cosiddetta “Notte dei Fuochi”, incendiando fosforo nello stabilimento e bloccando la Statale 106 in segno di protesta contro la paventata chiusura della fabbrica e la perdita dei posti di lavoro. L’intera comunità si riversò in strada, ma nonostante la mobilitazione, la crisi economica e sociale della città peggiorò, segnando per sempre la sua storia.

A distanza di anni, Crotone ha voluto ricordare quell’episodio con un momento di confronto presso il Museo di Pitagora, organizzato dal Consorzio Jobel, presidente Santo Vazzano, erede del Movimento SeiSettembre nato proprio in seguito a quelle lotte. All’incontro hanno partecipato anche Antonio Campennì, sociologo dell’Unical; Toni Cremonese, della Pastorale del Lavoro; Francesca Falcone, ricercatrice Unical; Luigi Labonia, componente del direttivo di Legambiente Crotone; e lo storico Christian Palmieri, insieme a ex operai, familiari, sindacalisti e politici.

Santo Vazzano ha ricordato quei giorni: “Ricordo che la storia di Crotone cambia proprio lì. C’erano due grandi manifestazioni: quella degli operai all’interno della fabbrica, che avevano acceso i cosiddetti fuochi e messo il fosforo sulla strada, e poi c’era la manifestazione organizzata dalla chiesa crotonese, dalla pastorale del lavoro, dalle parrocchie di periferia e dalla GIOC, una manifestazione di speranza, profetica se vogliamo.”

E ha aggiunto: "Le parole di Giorgio De Antoni volevano dire: non fermiamoci, assumiamoci la nostra responsabilità, la nostra dignità, ma continuiamo a impegnarci. Così è nato un percorso di cooperative, associazionismo, nuove relazioni, di rigenerazione urbana. Il Museo di Pitagora, abbandonato e morto, è stato ripreso dalla società civile e organizzata.”

Vazzano ha sottolineato la trasformazione della città: “Il mondo operaio tradizionale non esiste più, ma esiste un mondo operaio fatto di piccole fabbriche, officine, artigiani e imprese edili. La città si sta riconvertendo, puntando sul patrimonio culturale e archeologico, sugli investimenti seri e su nuove relazioni economiche e culturali. Il processo è complesso, ma la città sta vivendo una nuova fase che dipenderà dalla forza e dall’energia che le persone sapranno incrociare.”

In collegamento video dal Brasile, don Giorgio De Antoni ha ripreso il filo del suo messaggio originale: “Andiamo in pace a lottare. Quel giorno non si trattava solo di protesta, ma di assumersi responsabilità, di difendere la dignità delle persone e della comunità. La chiesa crotonese e il Movimento SeiSettembre hanno creato uno spazio di speranza, dove la società civile poteva riprendersi i luoghi e costruire nuove relazioni.”
“Oggi, guardando indietro, vedo che quei fuochi hanno acceso non solo le strade, ma anche la possibilità di scegliere il futuro della città. Nonostante le difficoltà e le manipolazioni, è iniziato un percorso di rigenerazione sociale e urbana che continua ancora oggi.”

Le famiglie che vissero quei giorni hanno visto diplomarsi i figli, mentre la città, allora economicamente agiata, ha gradualmente trasformato la propria identità da città operaia a città turistica, senza dimenticare le radici industriali. L’iniziativa di oggi rappresenta non solo un ricordo, ma anche un impegno concreto a mantenere viva la memoria e a costruire un futuro dove lavoro, cultura e comunità siano strettamente intrecciati.

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