Crotone - Caos nell'Ordine degli Avvocati: Marano sotto attacco, ma la presidente non molla

Crotone – Venerdì 12 luglio, all’interno del Consiglio dell’Ordine degli avvocati si è formata una nuova maggioranza di sei membri che hanno presentato una mozione di sfiducia con richiesta di revoca...

A cura di Redazione
23 luglio 2024 17:30
Crotone - Caos nell'Ordine degli Avvocati: Marano sotto attacco, ma la presidente non molla -
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Crotone – Venerdì 12 luglio, all’interno del Consiglio dell’Ordine degli avvocati si è formata una nuova maggioranza di sei membri che hanno presentato una mozione di sfiducia con richiesta di revoca contro il presidente dell’ordine, Caterina Marano.
La mozione è stata firmata da Salvatore Rocca, Giuseppe Gallo, Teresa Battigaglia, Lorenza Iannotta, Flaviana Loenardi e Reresa Paladini.

In realtà questa nuova maggioranza si è potuta formare solo grazie alla dimissioni dell’avvocato Francesco Licari, sostituito con la Leonardi, che faceva parte del ragruppamento a sostegno della Marano, ma che, appena nominata, è passata con il gruppo di Salvatore Rocca. Altrimenti il Consiglio sarebbe rimasto in perfetta parità (cinque e cinque) e avrebbe ocntinuato a d agire sotto la presidenza della Marano.

Secondo i più la mozione di revoca è illegittima, così come spiega la stessa Marano in un suo intervento che riportiamo integralmente.

«Ho inviato due distinte note al CNF e al ministro Nordio per rappresentare, al netto di ogni commento, quello che è accaduto e la situazione che ne è derivata.
Il cons. presso il Cnf del distretto di Catanzaro , Antonello Talerico, si è già duramente espresso in una comunicazione che chiederò venga allegata al verbale di domani, unitamente alle note sopra citate.
Quello che si è consumato giorno 12 non solo non ha precedenti (per forma e contenuti) quanto non ha fondamento, non ha motivazione: è abnorme e illegittimo.

La responsabilità ed il rispetto dei colleghi mi hanno portata a fissare una nuova riunione di Consiglio, per dare impulso ad un immobilismo fortemente pericoloso che ci porta verso la strada del commissariamento. In maniera oltremodo irresponsabile si è infatti pensato di adottare un istituto non previsto nel nostro regolamento interno né nella legge professionale per revocare il presidente senza peraltro procedere con la nomina del nuovo.

“Atto irresponsabile, vile, deprecabile, indegno” questi sono gli aggettivi utilizzati per definirlo proprio da alcuni dei rappresentanti dei vertici dell’Avvocatura.
I colleghi sono disorientati, arrabbiati, sconcertati e, soprattutto, preoccupati delle sorti della categoria, in un periodo peraltro che già la vede profondamente provata.
Per dovere morale, nel rispetto degli iscritti e delle norme, non posso che prendere le distanze da quell’atto e dichiarare espressamente e pubblicamente di non prestare acquiescenza, con riserva di impugnazione.

Dovremmo tutti prendere coscienza che abbiamo scritto una pagina che definire brutta e infelice sarebbe dire poco. Si è tradito l’impegno solenne ed i principi che stanno alla base della professione forense.
Dignità, lealtà, decoro, onore… che fine hanno fatto?

Ho letto di “risentimenti personali”, di “dissensi” circa alcune dinamiche associative, di vendette trasversali.
Ho letto post di consiglieri fare riferimento al circo, ai pagliacci ed ho ascoltato messaggi vocali che faccio fatica a credere veri.
Mi chiedo in tutto questo dov’è l’Avvocatura?
E dov’è il ruolo di consiglieri che siamo stati chiamati a svolgere?

E’ uno scenario assurdo che può essere espresso con un solo termine: fallimento.
Abbiamo fallito.
Ci sono responsabilità dei singoli che inevitabilmente si traducono in responsabilità collettive, come COA, di cui tutti dobbiamo farci carico, nessuno escluso.
E nessun numero, e di certo non un golpe, potrà recuperare quella fiducia che in noi ha riposto l’Avvocatura crotonese.

E sarebbe davvero una contraddizione in termini pensare che debba essere un magistrato a dover ristabilire quelle regole e quei principi che abbiamo smarrito e anche calpestato.
Importante sarebbe riuscire anche a fissare una assemblea degli iscritti per fare emergere pubblicamente chi ha inteso condurre una operazione “interna” e chi, nel rispetto democratico, si rimette alla volontà degli iscritti.

Seppur con molte perplessità, esorterò il Consiglio, facendomi, ancora una volta, portatrice della volontà della categoria, a voler meditare e, come estremo tentativo, cercare di trovare una strada comune su un programma condiviso, perché -di certo- non si può navigare a vista o improvvisare soluzioni.
In tal caso, non ci sarà da parte mia alcuna esitazione a dimettermi immediatamente dalla carica ed a collaborare, a prescindere da quello che sin’ora è stato detto, fatto o scritto.
L’interesse dei colleghi deve avere il sopravvento.
Che sia la fine o un nuovo inizio dipende solo da noi».

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